PRATICHE MAGICHE
Pratiche divinatorie attivate per prevedere il futuro
Riti divinatori delle ragazze sul matrimonio
a. interrogando il cuculo
Era comune credenza che il cuculo possedesse facoltà divinatorie e accendesse la speranza nel cuore della fanciulla che ha raggiunto la pubertà. Essa sa che il suo destino è già segnato: in qualche parte del mondo c’è già il suo uomo. E aspetta il cuculo, che fa ritorno in aprile, per chiedergli a che età coronerà il sogno d’amore. Nella formula fornita dalla testimone(Francesca Guacci), si coglie un sentimento che accomuna il cuculo (che suscita pena col suo verso accorante) e la ragazza in cerca di marito (che suscita pena per la sua condizione di zitella):
Cuculu, cuculante,
che ppena ssu cantu…
che ppena sta vita!
quann’è ca pigliu maritu?
(Cuculo cuculante, che pena il tuo canto, che pena la mia vita: quando prenderò marito?). Tre volte
la ragazza ripeteva la filastrocca, tre volte pestava il piede sinistro a terra. Dal numero dei versi del volatile essa traeva l’auspicio per l’età delle sue nozze.
b. con elementi vegetali
Questo il rito divinatorio più largamente diffuso qui da noi (fonte: Anna Russo). Il 23 giugno, vigilia di San Giovanni Battista, la fanciulla innamorata, per leggere nel cuore del suo amato, spiantava un cardo selvatico, e una volta bruciacchiato alla fiamma di una candela, lo poneva in un vaso d’acqua. Infine posava il vaso col cardo sul davanzale della finestra, e lo lasciava lì per tutta la notte. Se l’indomani lo trovava rifiorito, era segno che sarebbe durato per sempre l’amore con il suo ragazzo; se, invece, il cardo appassiva, voleva dire che quanto prima lui l’avrebbe piantata.
Un’altra fonte (Giulia Ciletti) aggiunge che il cardo andava prima unto con l’olio, e precisa che il rito divinatorio era volto a conoscere se una ragazza avrebbe trovato marito oppure no. Si credeva che il cardo avesse virtù divinatoria.
c. con agenti minerali
Allo stesso scopo durante la giornata di San Giovanni, le ragazze attivavano un altro rito magico: ponevano in una paletta di ferro un pezzetto di piombo (altre usavano lo stagno), e lo lasciavano sciogliere al calore del fuoco. Una volta che il piombo era diventato liquido, lo buttavano in una bacinella d’acqua. Dalla forma assunta dal pezzettino di piombo, di nuovo indurito, le ragazze pronosticavano il mestiere del futuro marito: una falce equivaleva a un marito contadino; una lesina a un marito calzolaio, una sega a un marito falegname, una penna a un maestro o a un impiegato.