PRATICHE MAGICHE
Riti propiziatori
Riti propiziatori
a. delle nozze
Diverse testimonianze attestano il rito propiziatorio praticato dalle giovinette che si recavano in pellegrinaggio a Montevergine. Lungo la salita del Montagnone intrecciavano un nodo con le punte delle ginestre che, essendo piante sempreverdi, erano ritenute propizie alla nascita di un amore duraturo. Annodando le cime delle ginestre, le giovinette recitavano anche la filastrocca:
Questa vota so’ bbenùta sola,
l’annu chi bbene cu nu bellu uaglionu!
(Questa volta sono venuta sola, l’anno prossimo con un bel guaglione).
Numerosi i Santi, alla cui protezione si affidavano le fanciulle in cerca di marito: San Vito (15 giugno), Sant’Antonio (13 giugno), Sant’Agata (5 febbraio), San Pantaleone (sul baratro di Caliendo si apre la grotta che era stata dimora del Santo nel Medioevo). Assai comune era una preghiera propiziatoria rivolta ogni sera a San Pasquale, (fonte: Antonio Nigro):
San Pascàlu Bailònne,
ca prutieggi tutte re ddonne,
mànname nu marìtu
bellu, fort’ e ssapurìtu
cumm’a tte, tal’e qualu,
o santissimu Pascalu.
(San Pasquale di Baylonne, che proteggi tutte le donne, mandami un marito bello forte e saporito, come te, tale e quale, o santissimo Pasquale).
Una volta avvenuto il fidanzamento, nella giornata di Pasqua a Bagnoli (fonte: Giulia Ciletti) si praticava un altro rituale propiziatorio: il fidanzato mandava la sua prima sorella in casa dell’amata con un rametto di palma benedetta infilata in un anellino d’oro. In cambio lui riceveva una pizza. Ma, per significare la comunione di ogni bene tra i due prossimi sposi, il fidanzato ne doveva staccare una parte e rimandarla all’innamorata.
b. della prima notte
La prima notte di nozze, poiché erano state rare le occasioni di contatto durante il fidanzamento, i due freschi sposi erano carichi di una tensione tale che spesso si comprometteva il compimento del rito della deflorazione. E la mattina successiva lo sconforto e la disperazione prendeva le due suocere di fronte alla mancata presentazione del fazzoletto macchiato di sangue. L’una segretamente preoccupata per il sospetto che la figlia non fosse integra, l’altra in cuor suo in ansia per la mancata prova di potenza sessuale del figlio.
Il momento era delicato, vulnerabile al malocchio e alle fatture. Per l’esito positivo della prima notte di nozze, le madri degli sposi mettevano in atto i rituali magici che propiziavano la fecondità dell’una e la potenza sessuale dell’altro. Va precisato che queste operazioni le fonti le hanno sentite raccontare, e che il loro abbandono è accaduto in tempi diversi a seconda delle famiglie.
Ponevano sotto il cuscino di lei sei acini di grano e tre pizzichi di sale; e disponevano sotto il letto matrimoniale, in corrispondenza del posto occupato dal maschio, uno o più oggetti apotropaici, abilitati a tenere lontano gli influssi malefici: una falce con la punta volta verso l’alto, un paio di forbici aperte, un fuso propiziatorio. O altro oggetto appuntito, a cui si attribuiva la proprietà di squarciare il flusso maligno degli invidiosi.