PATRIMONIO CANTATO
Canti religiosi
Introduzione
Il repertorio dei canti religiosi bagnolesi prende inizio con un canto natalizio; prosegue con i canti processionali in onore della Madonna, e segue poi con i canti di Passione, il canto del Viatico, i canti di Pellegrinaggio; per concludersi con un esempio di canto agiografico, che narra la vicenda terrena di S. Alessio.
I canti natalizi per la loro cadenza di cantilena, non venivano eseguiti solo durante i riti canonici, ma erano anche cantati dalle mamme ai loro piccoli a guisa di ninne nanne, sicché nell’immaginario popolare la vicenda divina si intreccia con quella umana. Questi canti, oggi ridotti a brevi frammenti, rivelano una delicatezza di sentimenti; quello qui riportato affida la sua bellezza alla naturalezza dei sentimenti e dei gesti, e all’innocenza del piccolo Gesù:
San Gisèppu facìa la fassa,
la Maronna lu piglia e lu nfassa…
– Mamma, mamma, ramme re ppanu.
– Figliu, figliu, nu’ nge nn’è,
va t’addòna lu panariéllu,
ca ngi truovi li pazzariélli.
I canti processionali, frutto della fede della comunità per la Madonna protettrice, qui nelle vesti di Addolorata, si presentano in una varietà irrilevante, per il testo letterario che è di origine colta. E questa uniformità ha una sua giustificazione, in quanto si tratta di un “prodotto sacro, quasi taumaturgo”, come afferma P. P. Pasolini. Se il canto religioso, però, non si concede molta libertà nel testo letterario, mostra invece una maggiore variazione nella struttura musicale.
Nel ciclo delle festività annuali una grande importanza assumevano i pellegrinaggi che per i bagnolesi avevano due mete d’obbligo, Materdomini e Montevergine. Tutti i canti di pellegrinaggio contemplano due momenti: la partenza dal paese e le difficoltà del cammino a piedi; e, al ritorno, il saluto commosso alla Madonna (o a S. Gerardo):
E nui mo’ ngi abbiàmu,
e la Marònna addo’ la scuntàmu?
E si nu’ nge verìmu r’ visu
nge verìmu mparavìsu.
I fedeli partivano di notte da Bagnoli dietro una cappelletta con l’immagine del Santo, addobbata di nastri colorati e di fiori: c’era chi andava a chiedere una grazia e chi a sciogliere un voto.
Più ampia l’antologia di canti del ciclo della Passione. Questi canti esaltano i momenti più dolorosi del dramma della Vergine, e risultano i più popolari, in quanto il pianto della Madonna offriva lo schermo al dolore delle madri bagnolesi. I versi mettono a nudo la umanità di Cristo e della Madonna, visti nella loro sofferenza tutta terrena; domina su tutto il sentimento della fatalità della morte. E ancora di più commuove la sventura del figlio di Maria, che mai viene ricordato come figlio di Dio; dai versi emerge, così, desolata la figura di un Cristo abbandonato da tutti:
Passàvu Cristu e risse: – O Mamma mia,
iu vav’a la morte e bbui pacienza ng’jati.
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Il patrimonio proveniente dall’alto è filtrato dai cantori popolari (in molti casi si è trattato di donne, vere trasmettitrici di cultura religiosa che erano dotate naturalmente di spirito di inventiva e di una buona voce), i quali volta per volta hanno scelto materia ed espressioni che ritenevano conformi al gusto e alla sensibilità della nostra comunità; sicché nel testo a noi giunto sembra essersi disciolta la originaria connotazione letteraria, per acquisire uno spirito di commovente ingenuità. Nell’ascoltare il patrimonio cantato della nostra terra, non di rado capita di trovarsi di fronte a canti che esprimono un calore umano e trasmettono una dolcezza dolorosa.
Il linguaggio si avvale di un lessico privo di concetti astratti, tutto infarcito di locuzioni o di semplici lessemi che nella loro concretezza posseggono una viva forza evocativa; e la sintassi predilige la paratassi, in cui la coordinazione il più delle volte è realizzata per asindeto, che conferisce rapidità e vivacità alla narrazione. Per la metrica, il repertorio popolare religioso predilige il distico elegiaco con rima baciata, formato da due versi lungi, che è di preferenza l’endecasillabo:
Ngi la ittàmu na strillente voci,
lu figliu r’ Maria è mmuortu ncroci.
La rima, in verità, è piuttosto rara: molto più frequenti le assonanze e le consonanze; e, quando c’è, la rima ha una variazione ridotta, che spesso si ripete nella stessa strofa, o al più si amplia in una varietà di assonanze. Ecco prima un esempio di consonanza, e poi di assonanza:
N’ora r’ notte Cristu re stìa sapènne
ca la morta sua se stìa apparecchiànne.
A ventitrè ore Cristu se rassignàvu,
sentìa ca l’ora sua era arruvàta.
Indice degli argomenti
- Canti religiosi di Bagnoli
- E’ nnatu, è nnatu Gesù Bambinu
- Vuléra sagli ncielu, si putésse
- Sàbbatu se partìvu oj la Marònna
- N’ora r’ notte Cristu re stìa sapènne
- La morte r’ Gesù, Maria s’affanna
- Quannu Gesù stia ncroci e muribondu
- Scuravu la luna, scuràvu lu sole
- Figlio’, figlio’, te chiangu
- Oje e sempu sia loràtu
- Chi vo’ grazie ra Mamma Schiavona
- San Cilardu quann’era bambinu
- Sant’Alessiu, cavalieru r’ Cristu